Peripazzie: Epistolario matto/5 di Rossella Scherl

Caro Diego,

mi amor, a questo mio corpo segnato dalla malattia, ricucito dopo essere stato trapassato dal ferro di un corrimano d’autobus spezzato, ingessato per mesi, incapace di maturare il tuo seme, operato così tante volte da averne perso il conto, adesso manca anche un pezzo. Dovrei per questo arrendermi? Darla vinta al dolore? Sono e resterò la ragazza della mia adolescenza. La passione, la forza scorrono intatte nelle mie vene, la mia natura ribelle trasformerà anche questo in bellezza. Peggio sarebbe stato mi avessero amputato le braccia, avrei dovuto imparare a dipingere usando il pennello con la bocca. Mezza gamba è poca cosa, non se ne accorgerà neanche la bilancia. Disegnerò una magnifica protesi con tanto di stivale rosso e tu troverai il migliore degli artigiani che possa realizzarla ad opera d’arte. Le mie gonne faranno il resto, fedeli alleate nel nascondere dai tempi dell’infanzia, quando per gli altri bambini ero Frida pata de palo. Che preveggenza! Ah ah ah ah! Ridi con me perché nada vale más que la risa y el desprecio. Es fuerza reir, y abandonarse, ser cruel y ligero.

Mi adorado, conosci tutte le cicatrici nella mia carne. Le tue dita grandi le hanno percorse una ad una, cancellandole; nel tuo corpo immenso la fragilità delle mie ossa ha trovato cemento. Mio farmaco insostituibile, non è durata che un anno l’illusione di poter fare a meno di te. Non è servito il peggiore dei tuoi tradimenti a liberarmi dal bisogno della tua presenza. La colomba senza il suo elefante non riesce a volare e poco importa se l’immensità del mio amore ha dovuto accontentarsi delle briciole del tuo. Quanto vale una briciola per chi è affamato? Le tue hanno illuminato con la luz violeta del relampago le mie notti. Non smettere di farlo ora, non sono certa che adesso la pittura basterebbe a colmare la mia vita. Lo ha fatto in passato, dando corpo ad emozioni e sentimenti, ha persino riempito la devastazione di tre figli persi. Guardare il mio dolore spalmato sulla tela a colori intensi, vivaci, calma il battito del cuore nel faccia a faccia con la mia espressività, con l’immagine di me generata da un vortice nero che, puntando i piedi, non ho mai permesso mi risucchiasse.

Mi Diego, espejo de la noche, solo forte del nostro essere uno, il mio corpo, la mia anima, i miei colori continueranno, nonostante tutto, a lottare, a gridare sempre e per sempre ¡Viva la vida!

Tu niña

Frida

 

Frida-Kahlo-Frida-e-Diego-1931

Frida and Diego, di Frida Khalo (1931)