Peripazzie: Epistolario matto/3 di Rossella Scherl
Caro Leonard,
stamattina sono stata sul punto di parlartene, poi ti ho visto curvo sul piano della scrivania, immerso tra le carte, le rughe sulla fronte accentuate e non ho potuto. Quando hai sollevato il viso e i tuoi occhi mi hanno chiesto se avessi bisogno di te, ho scosso la testa ti ho sorriso e ho richiuso la porta. Sono giorni che provo a farcela da sola. Passerà, mi dico, passerà. E intanto mi si è chiuso lo stomaco. Ho fatto colazione in veranda, un sorso da una tazza di latte e la punta di una fetta di torta di mele. Il resto l’ho fatto sparire. Non voglio che Everest se ne accorga, non voglio che lo sappia tu. Capiresti subito che sono tornate le voci. So che non si nutrono di zuccheri e proteine ma il mio corpo comanda, si aggrappa al taglio dei viveri sperando di togliere energia all’assedio dei fantasmi. Il calendario segna inizio primavera, qui su Monk’s House il tempo è del solito silenzioso grigio invernale. E su Londra? Si è accorto il cielo delle ferite di Londra? Io le ho viste le ferite, i danni alla nostra casa. Avremmo fatto meglio a non andarci, a restare qui, continuando a curare il giardino, a giocare a bocce, limitandoci a immaginare. Invece adesso la realtà mi stringe in una morsa, come le mani note, morbide, che d’improvviso diventate estranee, mi frugarono il corpo con le dita ad artiglio, segnando il confine tra il prima e il dopo con ferite mai rimarginate. Se e quando tutto sarà finito, Londra riuscirà a rimarginare le sue? Avrò, io, la forza per tornarci? Fermo la penna per accendere una sigaretta. La coda dell’occhio cattura l’azzurro della piccola ceramica sul davanzale, regalo di Vita. È mia da vent’anni, non capisco perché solo oggi mi ha ricordato il cielo mediterraneo, azzurro senza velature, visto in Grecia, in Italia. Mi chiedo come sarebbe stata la nostra vita sotto un cielo così. Colori e profumi diversi avrebbero tenuto lontano i fantasmi? Le voci sono tornate Leonard, sono tornate, hanno ripreso a tormentarmi, confondono le idee, le parole e non riesco a scrivere. È già così difficile farlo in loro assenza col dubbio sempre in agguato che succhia energia mette ansia blocca porta a nuove strade e via da capo a lavorare senza sosta per dare ridare forma all’idea cambiando termini punteggiatura in cerca dei definitivi fermi solo fino al prossimo inciampo alla nuova incertezza. E allora si ricominciare e avanti così fino a stesura definitiva. Non riesco a scrivere Leonard, sono giorni che non ci riesco e questa sorta di lettera è solo un’inutile accozzaglia di segni neri, tentativo di non farmi inghiottire dal baratro, sfogo che non libera, destinato al camino per non correre il rischio che tu possa leggerlo. Non mi appoggerò a te, questa volta no. Lotterò ancora qualche giorno con la penna sul foglio e poi… poi si vedrà, l’Ouse non scappa, sarà là domani, dopodomani e ancora e ancora, sempre là, pronto ad accogliere le urla silenziose dei disperati. Sento movimento in giardino, riesci sempre a tenerti occupato. Io potrei non riuscirci più.
Tua Virginia
Immagine di copertina: Virginia di Vanessa Bell
Leonard Woolf di Vanessa Bell