Una moneta da 5 fiorini ungheresi nella fessura del distributore automatico, Roma, ore 12.45. Un rumore strozzato, sordo, come di un percorso interrotto. Senza traguardo e senza fondo. Lo stridere del metallo contro altro metallo, dentro, quindi il silenzio.
La scritta blu che continua a scorrere, da destra verso sinistra. In un misto di indifferenza e inutilità. Il condotto vitale irrimediabilmente occluso. L’intervento di mani esperte, tecniche, necessario. Bloccare l’unico distributore di caffè aziendale a un quarto d’ora dalla pausa pranzo. C’è anche di peggio: ad esempio un licenziamento in tronco. (Super Sapiens, Isidoro Malvarosa)
E se all’improvviso gli uomini venissero governati dagli alieni? Se l’annosa questione del potere non ci riguardasse più? Di fatto cosa accadrebbe? Con stile accattivante e intreccio narrativo intrigante, Isidoro Malvarosa, nel suo Super Sapiens, immagina un mondo dominato dagli extra-terrestri, mentre gli esseri umani “finalmente” vivono privi di gravose responsabilità. Ma sarebbe tutto così semplice? Non un romanzo di fantascienza in senso stretto, bensì una storia dove l’invasione da altri luoghi dell’universo è un pretesto per entrare nelle pieghe della società contemporanea, scandagliandone pregi e difetti. Pagina dopo pagina, Isidoro Malvarosa conquista il lettore con una vicenda solo apparentemente surreale, portandolo davanti a uno specchio in cui ritrovarsi o forse scoprirsi. L’invasione è incruenta, i conquistatori costruiscono opere pubbliche, migliorano i vari settori della vita, gli umani sono felici, apparentemente felici. Solo la metafora e il paradosso generati da situazioni estreme possono portare alla luce, come accade leggendo Super Sapiens, le sfaccettature complesse dell’individuo e dei gruppi, dei rapporti tra di loro e tra loro e il potere. Ne parliamo con l’autore.
Com’è nato questo romanzo? Sono partito giocando un po’ su una frase usata e abusata di continuo, chiedendomi se, di fatto, come sosteneva Andreotti, “il potere logora chi non ce l’ha”, o invece paradossalmente il potere logora chi ce l’ha? Nella fase storica che stiamo vivendo io credo che il potere logori chi ce l’ha! È palese come politici, esponenti della cultura e del mondo accademico che si sono cimentati con la politica si siano bruciati, gli esempi sono tanti, da Monti alla Fornero a Renzi. Viviamo in un sistema in cui davvero il potere logora chi ce l’ha e la vita media dei governi è breve. Ho provato, quindi, a immaginare un mondo in cui l’uomo fosse semplicemente privato del potere, quindi senza più l’onore e l’onere di autogovernarsi, arreso a un conquistatore esterno che gli toglie questo “impiccio”. Mi piaceva immaginare come l’uomo si comporterebbe durante un’invasione aliena, ma non è un romanzo fantascientifico, non ci sono navicelle, né elementi alla Asimov o Dick, mi sono più ispirato a Vannegut, ai suoi romanzi di fantascienza sociologica. L’uomo senza dover esercitare il potere è deresponsabilizzato, diventa uno schiavo libero e, in fondo, gli piace, lo fa vivere meglio.
Il protagonista “terrestre” è François e un po’ fa da tramite con gli alieni. Potrebbe rappresentare un politico italiano? Direi l’uomo comune al potere, un uomo messo lì, quasi per caso e quindi senza particolari competenze. François sta un po’ da una parte e un po’ dall’altra, ma gli alieni Su-Sa non sopportano gli uomini che ancora hanno tanti difetti e, quindi, decidono per una soluzione definitiva.
Raccontaci il tuo percorso nell’universo della narrazione. Inizia da un viaggio. Nel 2009, mi trovavo a Bratislava con un amico, lì abbiamo incontrato un italiano eccentrico, particolare, che disse di essere un ex parlamentare, ma non ci svelò il nome né noi riuscimmo a risalire con le ricerche in rete alla sua identità. Ma lo trovai talmente interessante che poi entrò nel mio primo libro Giostre, scale e colori (Calabria Letteraria, 2010). Questo è stato il mio esordio, con un discreto successo di pubblico. Ho iniziato così a entrare nel mondo editoriale e a capirne le dinamiche. Dopo ho pubblicato Gli ambidestri domineranno il mondo (Aracne, 2011), mentre Contratti d’affetto (2017) è stato pubblicato da una casa editrice napoletana che stava nascendo, Barometz, e mi aveva notato su Facebook. Super Sapiens (Amazon), pubblicato nel 2020, autoprodotto, mi sta dando molte soddisfazioni. Era stato segnalato come inedito al Premio La Giara 2011, e mi ha fatto vincere pure il Premio Marte Live, selezione regionale, entrando tra i finalisti nazionali, nell’edizione 2013.
Lo Statale Jonico, prodotto social di grande successo, ironico e satirico, esprime un altro lato della tua creatività. Statale jonico, nasce nel 2013 come pagina Facebook, è una cosa molta riuscita, una creazione mia e di Antonio Soriero che è andata oltre le nostre aspettative, ne siamo contentissimi. Lo Statale jonico risponde a delle esigenze creative immediate, segue l’onda della notizia, e i social sono in questo una grande cassa di risonanza, con interazioni ampie e tempi più veloci, più aderenti all’attualità del pensiero. La mia vena sarcastica e caustica è molto stimolata da questo progetto. Nel sito dello Statale, ora, facciamo anche articoli di analisi e riflessione. Diciamo che è un occhio attento sul mondo politico in particolare.
Filo conduttore della tua creatività, dai romanzi alla satira, è il sociale, la pressante richiesta di un mondo più giusto. In quale direzione stiamo andando, secondo te, sotto questo aspetto? Direi che siamo in un punto di grave stallo, se vogliamo usare un eufemismo. La questione morale è centrale per la rinascita sociale, ma il moralismo messo in capo da buona parte dei movimenti politici invece è solo vuota ipocrisia. L’uomo che non sbaglia mai non esiste, l’uomo è imperfetto per natura. Ci sono stati momenti in cui la politica ha ceduto il posto a governi tecnici, facendo un passo indietro, proprio perché la politica logora e fare scelte impopolari non piace a nessuno, meglio delegarle a dei tecnici. Ma non ha funzionato neppure questo. Non ci rimane che sperare negli alieni.