Apostrofi di fantascienza 11 – Nel 2014 l’autore americano Jeff VanderMeer dà alle stampe tre libri, “Annientamento”, “Autorità” e “Accettazione”, che vanno a comporre una trilogia fantascientifica straordinaria, che scardina i canoni del genere grazie a una curiosa fusione con il thriller psicologico. Una scommessa letteraria che l’autore vince a mani basse grazie a una scrittura efficace e straniante, che permette al lettore di creare un’inedita empatia con i protagonisti.

La “Trilogia dell’Area X” si presenta fin da subito come un’opera di fantascienza anticonvenzionale. Jeff VanderMeer, infatti, realizza tre romanzi al cui interno non solo gli elementi per parlare di un ciclo di sci-fi sono riconducibili solo al contesto generale, ma lasciano anzi spazio alle caratteristiche tipiche del thriller psicologico, probabilmente il migliore che leggerete in vita vostra.

La vicenda che si dipana attraverso “Annientamento”, “Autorità” e “Accettazione”, tutti pubblicati nel 2014 negli USA e distribuiti in Italia da Einaudi l’anno successivo, non spreca nemmeno una riga per dare quelle spiegazioni parascientifiche che ci si aspetterebbe da una science fiction, ma procede speditamente da un punto A a un punto B affidandosi esclusivamente al punto di vista attonito di cinque protagonisti, peraltro identificati solo con l’incarico ricoperto (la biologa nel primo romanzo, “Controllo” nel secondo e il guardiano del faro, la direttrice e Uccello Fantasma nel libro conclusivo).

L’incipit della trilogia è “in medias res”: la biologa, accompagnata da un’antropologa, una topografa e una psicologa, entra nella cosiddetta “Area X”, una vasta area costiera della Florida settentrionale ricoperta da una bolla semitrasparente in espansione costante di cui non si riesce a comprendere la natura. La donna fa parte della dodicesima missione esplorativa dell’Area X condotta dall’agenzia governativa “Southern Reach” e si è offerta volontaria per l’incarico dopo che suo marito vi è scomparso all’interno. La missione appare fin dal primo momento suicida. Nonostante l’Area X sia notoriamente disabitata, infatti, dei componenti delle undici missioni che hanno preceduto quella della biologa ne sono tornati solo una manciata, nella maggior parte dei casi deceduti per cancro o impazziti pochi giorni dopo il rientro. Il governo pretende tuttavia di venire a capo del mistero e di arginare il fenomeno di espansione, che sta cambiando la morfologia del territorio. Il carattere caparbio e introverso della biologa, che le fa considerare la morte un scotto accettabile pur di venire a capo del caso, la spinge ad avventurarsi nell’Area X ma lei, come le sue compagne, non può ancora sapere che ciò che vi si trova dentro è al di là delle umane capacità di comprensione, qualcosa di così assurdo e inspiegabile da rappresentare una vera e propria sfida intellettuale… e letteraria.

Una sfida che VanderMeer vince a mani basse con una narrazione ricca di particolari, che sfrutta abbondantemente le sensazioni, i timori, i disagi, le fragilità psicologiche, persino i malesseri provati dai protagonisti, con il quale il lettore si ritrova ben presto in uno stato di profonda empatia. Forse persino troppa. La vividezza della narrazione dell’autore, soprattutto nei primi due romanzi, sconcerta e mette a disagio, induce allo spaesamento, fa provare una profonda angoscia e, in alcuni casi, una sofferenza persino fisica, che rispecchia quella dell’io narrante. Un’esperienza immersiva che si infrange solo sulla maggiore frammentarietà narrativa del terzo romanzo che, con i suoi tre differenti punti di vista (che narrano peraltro le vicissitudini di tre momenti diversi della vicenda complessiva legata all’Area X) risulterà il libro meno fluido (e meno efficace) della trilogia. La flessione del finale non compromette comunque l’economia complessiva dell’opera, destinata a lasciare una traccia indelebile in tutti coloro che avranno lo stomaco di affrontarne la lettura, anche se l’epilogo non darà le risposte sperate.
Risposte, invece, vengono fornite nella trasposizione cinematografica del primo libro, da cui Alex Garland trae nel 2018 il film “Annientamento” con protagonista Natalie Portman. La pellicola, prodotta da Netflix e disponibile sulla piattaforma streaming, riprende i temi portanti dell’opera letteraria risultando avvincente e godibile, ma la distanza dal romanzo nel finale rende il film decisamente meno straniante e, in definitiva, molto meno affascinante.