Apostrofi di fantascienza 9 – Nel 2011 Andy Weir ha pubblicato il suo romanzo “The Martian”, inizialmente edito in Italia con il titolo “L’uomo di Marte”. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare soffermandosi solo sul titolo dell’opera, il libro non tocca affatto il tema del contatto con creature aliene ma, trasformando la fantascienza in (quasi) scienza, immagina un futuro estremamente prossimo, in cui l’uomo ha finalmente raggiunto il pianeta rosso… e in cui qualcosa è andato storto.

Quella di Andy Weir è una fantascienza in cui il suffisso fanta- può essere messo comodamente tra parentesi. L’opera più famosa dell’autore statunitense è infatti “L’uomo di Marte” (conosciuto anche in Italia con il titolo originale “The Martian”), che anticipa di appena una ventina d’anni ciò che la NASA intende realizzare con il Programma Artemis, che dovrebbe culminare con l’approdo dell’uomo su Marte nel prossimo decennio.

Il romanzo, edito negli USA nel 2011, descrive infatti un futuro molto prossimo in cui la fittizia missione spaziale Ares ha già permesso all’umanità di raggiungere il pianeta rosso e si concentra sulle vicissitudini di Mark Watney, ingegnere meccanico e botanico della missione Ares 3. La spedizione di cui Mark fa parte viene abortita in tutta fretta quando una violentissima tempesta di sabbia sferza Acidalia Planitia, la regione pianeggiante di Marte in cui gli astronauti hanno installato la propria base, rischiando persino di far rovesciare il veicolo destinato a riportarli in orbita. Per evitare di rimanere bloccati sulla superficie, il capitano Melissa Lewis impone una partenza d’emergenza durante la quale, tuttavia, Mark viene ritenuto morto dopo essere stato colpito dalla strumentazione divelta dal vento e lasciato indietro. Al risveglio, l’ingegnere si ritroverà completamente solo sul pianeta, con le linee di comunicazione danneggiate dalla tempesta e a 225 milioni di chilometri da casa. La situazione apparentemente senza uscita non abbatterà però il nostro eroe, protagonista, a partire da quel momento, di uno straordinario viaggio verso la salvezza che strizzerà a più riprese l’occhio agli intramontabili classici d’avventura del XIX secolo. Moderno Robinson Crusoe, Mark dovrà infatti imparare a massimizzare le risorse che ha disposizione e utilizzare le sue conoscenze scientifiche per mettersi in salvo e ripristinare le comunicazioni con la Terra, il tutto mentre la NASA è impegnata non solo sul fronte del rientro a casa e del recupero psicologico degli astronauti scampati alla tempesta, ma anche su quello, delicatissimo, della comunicazione con i media di tutto il mondo.

La narrazione di Weir, com’è facile immaginare arrivati a questo punto, si sviluppa parallelamente tra le mille peripezie di Mark da un lato e i problemi dell’Agenzia Spaziale Americana dall’altro. La peculiarità sta tuttavia nella diametrale opposizione tra gli stili narrativi di questi due diversi fronti. Infatti, se per narrare le avventure di Mark l’autore utilizza la prima persona, nel seguire i problemi della NASA usa invece la terza persona, se i problemi di Mark sono narrati attraverso un diario di bordo che esalta l’amara ironia con cui il biologo affronta la sua situazione, quelli della NASA sono evidenziati attraverso dialoghi serrati e avvincenti, che ci permettono di conoscere decine di personaggi solo attraverso il modo in cui avanzano ai colleghi ipotesi su come affrontare l’emergenza. Questa dicotomia da un lato esalta la solitudine di Mark e ne mette in evidenza in maniera efficace le difficoltà anche psicologiche di sapersi a milioni di chilometri dalla salvezza, dall’altra la frenesia di una situazione dai mille risvolti non solo sociali, ma politici e persino economici, narrati con una lucidità e un’inattaccabile coerenza che giustificano abbondantemente il successo del libro.
Un romanzo avvincente e straordinario, che vi catturerà dalla prima all’ultima riga e che grazie alla sua narrazione efficace e febbrile, renderà Mark non il semplice protagonista di una storia, ma un amico che pretenderete che venga salvato.

Opera così pazzesca da divenire un imperdibile caposaldo della science-fiction contemporanea, “L’uomo di Marte” ha attratto fin da subito le attenzioni di Hollywood che, grazie a una trasposizione efficace e sostanzialmente fedele da parte di Ridley Scott con protagonista Matt Damon, ne ha giustamente voluto consacrare il successo con “The Martian – Sopravvissuto”, uscito al cinema nel 2014.