Apostrofi di fantascienza 5 – Nel 1968 esce in libreria “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, uno dei romanzi più iconici della fantascienza New Wawe, al quale Ridley Scott si ispirerà per il suo “Blade Runner”. Ma quella che ci racconta Dick non è solo una caccia all’androide ribelle, bensì il percorso di crescita di un uomo, Rick Deckard, che finisce con il mettere in discussione tutto per portare a termine un lavoro scomodo…
Philip K. Dick, proporzionalmente alla sua vita ingiustamente breve, è stato il più prolifico scrittore di fantascienza mai esistito. E, probabilmente, anche il più brillante. Le sue opere, che hanno influenzato in vari modi la fantascienza letteraria e cinematografica, sono sempre cariche di messaggi e spunti di riflessione mai banali. Non può fare eccezione, ovviamente, “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” (uscito per la prima volta in Italia con il titolo “Il cacciatore di androidi”), accolto tiepidamente alla sua pubblicazione nel 1968 per poi essere consacrato dall’uscita al cinema nel 1982 di “Blade Runner”, che si ispira alle sue linee di trama principali.

Nel 1992, ci racconta Dick, la Terra è ricoperta dalle ceneri dell’ultimo conflitto mondiale e l’umanità, ormai in fuga, si è trasferita per la maggior parte sulle colonie extramondo lasciando indietro solo coloro che hanno subito danni per le radiazioni e gli operatori di pubblica utilità. Se sulle colonie è consentito l’utilizzo di androidi, umanoidi semibiologici esteticamente indistinguibili dagli umani, sulla Terra il loro utilizzo è vietato e, per tale ragione, i dipartimenti di polizia hanno a libro paga dei cacciatori di taglie il cui compito è quello di stanare e “ritirare” (ovvero uccidere) gli androidi ribelli. Quando un gruppo di Nexus-6 fugge da Marte per approdare sulla Terra, il dipartimento di polizia di San Francisco affida l’incarico di ritirarli a Dave Holden, il suo migliore cacciatore di taglie. Per legge, il ritiro degli androidi deve passare ancora dal test Voight-Kampff, un’intervista cognitiva che permette di registrare le reazioni emotive degli interlocutori (che gli androidi non possono simulare) dando così la certezza al cacciatore di non ritirare per errore un umano. Ma i Nexus-6, si scoprirà presto, riescono a falsare il test e ad attirare Holden in una trappola nella quale rimarrà gravemente ferito. È a questo punto che subentra Rick Dekard, cacciatore di taglie pavido e vessato da un matrimonio che lo rende infelice, che accetta tuttavia l’incarico perché intenzionato ad acquistare, con i soldi delle taglie, un animale vero, che possa finalmente sostituire la pecora elettrica che tiene in terrazza. A partire da quel momento, Deckard sarà protagonista di una frenetica caccia all’androide che, nell’arco di appena 24 ore, lo renderà una vera e propria leggenda per il dipartimento, ma lo costringerà anche a mettere in discussione ogni singolo aspetto della propria vita. Il suo sarà infatti un viaggio non soltanto fisico, ma anche spirituale, che gli permetterà di ritrovare la fede nel mercerianesimo, credo tecnoreligioso che consente alle persone di condividere i propri sentimenti attraverso un macchinario presente in ogni abitazione, mutando radicalmente le sue prospettive di vita.

Il desiderio spasmodico di possedere un animale, bene prezioso in un mondo in cui ormai sono quasi tutti estinti, e il viaggio spirituale di Deckard, valori aggiunti della scrittura emozionale di Dick, nella trasposizione cinematografica di Ridley Scott lasciano spazio a una voglia di completezza da ricercare nell’amore dell’androide Rachel e ai dubbi sulla possibilità che ad essere artificiale sia lo stesso Deckard, divenuto (come Hollywood preferisce) un eroe granitico e tenebroso, pronto a sacrificare tutto per il bene superiore. Benché romanzo e pellicola seguano percorsi differenti, “Blade Runner” coglie comunque lo spirito di “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, culminando in un climax di azione e pathos laddove nel libro, invece, il finale anticlimatico lascia spazio a una conclusione intimista.

Per avere un’opera derivata più fedele al libro bisognerà attendere l’adattamento a fumetti pubblicato da “Boom!” in sei parti (in Italia edito da Just Comics nel 2009) che riporta integralmente il testo del romanzo sulle illustrazioni evocative e malinconiche di Tony Parker, tanto da trasporre le 250 pagine scritte da Dick nelle ben 750 tavole del fumetto.
