Palma Comandè, penna elegante e raffinata, nipote dello scrittore Saverio Strati, è autrice di un intenso romanzo, Prima di tutto un uomo (Pellegrini), che è saga familiare, narrazione di ricordi e, soprattutto, visione di profonda umanità sull’autore di opere immortali. Strati, nato a Sant’Agata del Bianco nel 1924 e morto a Scandicci nel 2014, autore di numerose opere, ha esordito con il romanzo La marchesina (1956) e ha vinto il Premio Campiello con Il selvaggio di Santa Venere (1977). Abbiamo intervistato Palma Comandè per Apostrofi a Sud.  

Il suo romanzo su Saverio Strati è molto apprezzato. Qual è la parte di lui meno nota che ha raccontato nel libro? La parte di lui meno nota era sicuramente quella familiare e quella caratteriale. Entrambe preponderanti nella sua espressione umana e in quella letteraria. Di lui si conosceva la storia della sua anomala formazione culturale. Conoscere, però, la formazione della sua personalità in seno a una famiglia, forse più di tante, depositaria di  problematiche socio-culturali caratterizzanti la società meridionale del secolo scorso, fa comprendere meglio la sua narrativa. Inoltre apre uno squarcio anche sulla psicologia dell’uomo formatosi in un ambiente duro dove, tra inibizioni affettive, imposizioni di ogni tipo, rinunce e sacrifici, si voleva dar la misura di cosa significasse essere uomo e vivere in un mondo che non faceva sconti a nessuno. Ecco, raccontare questi aspetti privati, quasi intimi, è stato come fare un cammino nell’animo umano dove il bene e il male, prima di essere valori, sono necessità incontrollabili dell’essere.

Cosa vuol dire “misurarsi” con una figura di grande scrittore così vicina e così “forte”? Vuol dire sforzarsi ogni momento di cimentarsi al meglio. È uno stimolo culturale e umano continuo che più che darmi la misura di quel che ho conquistato, mi sottolinea continuamente quel che ancora mi manca. Più che misurarmi con la sua figura, direi che di essa mi sono nutrita nel tempo, sia nella mia formazione umana sia in quella culturale. Crescere accanto ad una personalità del genere non fa di te un individuo più forte né più debole, ma un individuo più problematico. Non acquisirai certo gli strumenti per darti e dare risposte, ma quelli per porti più domande possibili. 

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Quali opere di Saverio Strati, a suo parere, dovrebbero essere ripubblicate e lette? La vastissima opera di Strati, percorrendo tutto il Novecento, ossia il secolo che ha visto veri e propri cambiamenti epocali, ha colto l’uomo nelle crisi più profonde che l’umanità abbia manifestato. Ha raccontato, con realismo e lucidità, le trasformazioni e le stagnazioni, spesso drammatiche, della società meridionale e gli interrogativi profondi di una società obbligata alla rinuncia: attraverso l’emigrazione, della terra e degli affetti; attraverso “la restanza”, della possibilità di una vita più aperta e più dignitosa. Ha percorso le contraddizioni di una cultura per un verso intrisa dell’antico pensiero  filosofico, per l’altro aperta ad un degrado che, passando per le manifestazioni criminali, arriva  fino all’omologazione e all’appiattimento del pensiero. Premesso ciò, sono numerose le opere di Strati che, accanto agli inediti, meriterebbero di rivedere la luce in quanto occasione imperdibile di conoscenza di sé e recupero delle radici, che oggi più che mai non possono essere recise. Prima fra tutte,  Tibi e Tascia e la sua sublime poesia; poi,  La teda per la presa di coscienza di sé del lavoratore meridionale che si comincia a vedere non più elemento passivo di una società immobile, ma parte attiva di essa, capace di produrre, col suo impegno e le sue lotte, un sostanziale e decisivo cambiamento. Poi non trascurerei i romanzi dell’emigrazione, dove Strati come nessun’altro ha mostrato, accanto alla sofferenza per lo sradicamento, la volontà di riuscire e, cosa più importante, l’andare nel mondo come opportunità di crescita. Quindi Il nodo, Gente in viaggio, Noi lazzaroni, È il nostro turno. Poi c’è Il selvaggio di Santa Venere, il primo Campiello della Calabria, romanzo di straordinaria portata socio-antropologica. E poi L’uomo in fondo al pozzo, dove l’analisi sociale si fonde mirabilmente con l’analisi psicologica di un uomo che sembra incarnare i tormenti di una terra prigioniera di se stessa e delle proprie capacità inespresse o incomprese.

Qual è il romanzo di Strati che preferisce? Ogni romanzo di Strati ha una specificità socio-culturale che lo rende unico e speciale. Le più importanti tematiche della società meridionale sono state affrontate nelle opere di Strati, tant’è che se si vuole conoscere la società calabrese, la sua evoluzione nel tempo, nonché riappropriarsi delle proprie radici storiche e culturali non si può prescindere da esse. Tuttavia, poiché sento forte il richiamo poetico delle  narrazioni, non posso essere indifferente alla intensa poesia che trasuda dal romanzo Tibi e Tascia che da più parti è considerato un capolavoro della letteratura universale.

(La foto di copertina è di Mario Varano)