Questa sera, alle ore 18:30, a Bovalino, si terrà la presentazione di un volume che traduce in francese i “Caratteri” di Mario La Cava. L’occasione è stata ideale per intavolare una splendida chiacchierata con Domenico Calabria, presidente del Caffè Letterario che porta il nome dello scrittore, e per fare una panoramica dello studio dei nostri autori e dello stato di salute della cultura nel nostro comprensorio…

Come nasce questa l’idea di tradurre in Francesca Mario La Cava e che ruolo ha avuto il Caffè Letterario in questa produzione?
L’opera è stata pubblicata per la prima volta nel 1939 da Le Monnier (ridotta della metà a causa della censura fascista) e successivamente da Einaudi (1951 e 1980) e da Donzelli nel 2000. È l’opera più rappresentativa di La Cava che lo ha reso famoso in Italia per la sua originalità: brevi e folgoranti testi narrativi, piccoli ritratti, aneddoti, che raccontano la vita quotidiana di uomini, donne, fanciulle, potenti e poveri, sorpresi nelle loro debolezze, nei loro vizi, nella loro saggezza dall’occhio attento, acuto e impietoso dell’Autore. Questo stile letterario ha sempre affascinato i francesi (basti pensare a Jean de La Bruyère) e già in altri periodi molti studiosi avevano pensato alla traduzione. Non credo che in questo caso il Caffè Letterario abbia avuto un ruolo particolare; è possibile, altresì, che il movimento creato dalle nostre iniziative attorno alla figura di La Cava abbia sollecitato e reso fattibile ciò che da tempo era auspicabile. Sta di fatto che ora Erik Pesenti Rossi, Professore di Letteratura italiana all’Università di Mulhouse ha completato la traduzione e si appresta alla pubblicazione con un’importante casa editrice francese.
Non è purtroppo usuale vedere lo scritto di un autore della Locride tradotto in una lingua straniera così diversa dall’italiano in generale, e dal dialetto calabrese in particolare. Quali immagina siano state le difficoltà di contestualizzare La Cava nella traduzione francese e che opportunità di diffusione dell’autore di Bovalino pensa si nascondano in questa singolare quanto benvenuta operazione letteraria?
Diciamo subito che i temi della narrativa di La Cava sono universali: le debolezze umane, i misteri sulla vita, sulla morte… insomma, tutto ciò che è legato all’animo umano. Ciò rende la sua scrittura sempre attuale, indipendentemente dal tempo e dal luogo di ambientazione. Il testo, poi, è interamente in italiano, senza, quindi, espressioni dialettali, e ciò rende più facile sia la traduzione che l’interpretazione del messaggio che vuole trasmettere. Se e quali difficoltà si sono incontrate nel percorso lo chiederemo domenica al Pesenti Rossi. L’operazione, comunque, è importante perché offre la possibilità di far conoscere al vasto pubblico francese un autore come La Cava, già molto apprezzato e conosciuto negli ambienti letterari, e potrebbe portare a eventuali altre traduzioni e pubblicazioni.
È fuor di dubbio che il Caffè Letterario costituisce ormai una delle realtà culturali più apprezzate del nostro comprensorio. Quando è partito il progetto avrebbe mai pensato di vedere crescere l’associazione così tanto?
Ci avviciniamo ormai al decimo anno di attività del Caffè Letterario; un’iniziativa nata spontaneamente per la necessità di confronto e condivisione di interessi comuni: la lettura, la musica, il cinema, il teatro…, il tutto nel nome di Mario La Cava, in continuità con la sua costante curiosità di scoperta verso le varie forme artistiche e letterarie. Il Caffè è diventato in questi anni un luogo aperto a chiunque sappia e voglia esprimere libero pensiero e creatività nelle varie forme e voglia sfruttare uno spazio (non solo fisico) che appartiene a tutti. Questa libertà espressiva e questa spontaneità ci ha finora accompagnato e credo sia stata e sia ancora la chiave di tutto. Per questo non ci siamo mai posti il problema della crescita dell’associazione: è anch’essa arrivata spontaneamente e non possiamo che rallegrarcene.

Il Caffè Letterario, grazie a una collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Bovalino, è diventato di recente il cuore pulsante del Premio Letterario Mario La Cava, che ha assunto in due sole edizioni una valenza nazionale e pare destinato a crescere ancora. Pensa che la sopravvivenza del premio possa essere volano di sviluppo per l’associazione e, più in generale, per la cultura nel nostro comprensorio?
Grazie all’Amministrazione Maesano si è riusciti, lo scorso anno, a non disperdere i contributi che la Regione Calabria aveva destinato negli anni precedenti al Premio e mai utilizzati dalle altre Amministrazioni. Queste sinergie sono servite a far diventare il premio un importante appuntamento letterario, ambìto dalle più importanti case editrici nazionali e che ha visto Bovalino protagonista nel panorama culturale italiano, con la presenza di illustri ospiti come Claudio Magris, Raffaele Nigro, Goffredo Fofi, Anna Melato, oltre ai finalisti delle opere in concorso. Non solo è importante la sopravvivenza del Premio, ma altrettanto importante è mantenere alto il livello e migliorarsi di anno in anno. È questa la nostra sfida. Le iniziative culturali, non solo il premio, sono di fondamentale importanza per lo sviluppo della nostra terra e ognuno deve fare la propria parte.
Da osservatori esterni ci sembra che a Bovalino, come in altri paesi della Locride, ci sia un interesse crescente per la cultura, meglio se nostrana. È effettivamente così e ritiene che il Caffè Letterario abbia contribuito a questo cambio di rotta o debba piuttosto cavalcare adesso quest’onda per continuare a crescere?
È vero. Negli ultimi anni sono cresciute a dismisura le iniziative culturali nella Locride ed è un fatto estremamente positivo. Non so dire se il nostro Caffè Letterario abbia contribuito a questa crescita; probabilmente la nostra azione e quella delle altre organizzazioni hanno stimolato ciò che presumibilmente non aveva spazio per esprimersi al meglio: la letteratura, il cinema, l’arte, il teatro, la musica. In questi anni abbiamo scoperto che la creatività nella nostra terra è – più che in altre regioni – quanto mai feconda. Diciamo che noi abbiamo solo offerto il nostro impegno e la nostra curiosità per un fermento culturale già presente, ma che rimaneva sopito alla ricerca di spazi culturali prima non concessi.

Abbiamo già detto quanto l’associazione sia cresciuta in questi anni, ma siamo anche certi che si possa fare ancora moltissimo per rendere ulteriormente solida questa realtà. Che obiettivi vi siete prefissati per il medio e lungo termine e cosa pensa che vi manchi per poterli raggiungere?
Il nostro obiettivo principale rimane quello della valorizzazione della figura di Mario La Cava e, soprattutto, pubblicarne delle opere ormai introvabili, convinti come siamo che non si può prescindere dalla lettura dei nostri autori del ‘900, non solo La Cava, per meglio comprendere le complessità della nostra terra. Abbiamo già ottenuto importanti risultati, come dimostra l’attenzione verso il nostro scrittore con le recenti ripubblicazioni di alcuni scritti, come “I fatti di Casignana”, edito da Rubbettino, e ora stanno per uscire altri due volumi, “I miei maffiosi”, di Hacca Edizioni, e “Viaggio in Lucania”, di nuovo di Rubbettino, oltre alla traduzione dei “Caratteri”. Su questo fronte c’è ancora molto da fare e non dipende solo da noi: purtroppo l’attuale mercato editoriale non offre molti spazi agli scrittori del passato ed è un vero peccato.
Intervista originariamente pubblicata su Riviera nº 25/2019