Il carcere minorile è il luogo dove si concentra il tasso di maggiore sofferenza del crescere. È chiaro che, nella formazione dei ragazzi che finiscono in carcere ci sono stati problemi, vuoti, condizioni familiari, sociali e culturali predisponenti, di cui troppo spesso la società nel suo complesso non ha preso atto per tempo o a cui non ha saputo/potuto dare risposte adeguate.

Maria Franco insegna italiano e storia nel carcere minorile di Nisida da più di trent’anni, lì cura i laboratori di scrittura per i giovani detenuti e da dieci anni si occupa del progetto “Nisida come parco letterario e naturale”. Un progetto che ha innovato la didattica dentro l’istituto penitenziario, coinvolgendo scrittori, aprendo più ampi orizzonti per i ragazzi. Nel 2017 è stata insignita del prestigioso “Italian Teacher Prize”, riconoscimento ai migliori insegnanti d’Italia. A Nisida, attualmente ci sono una sessantina di ragazzi e dieci ragazze, hanno tra i 14 e i 25 anni, in quanto si può rimanere nel carcere minorile anche dopo la maggiore età, se il reato è stato commesso prima dei 18 anni e se si tiene un buon comportamento. Con Maria Franco, reggina, «prestata a Nisida per un po’ di decenni», come ama dire lei, abbiamo parlato di “vite ai margini”, di libri e di speranze. 

Per Lei, docente e intellettuale impegnata, insegnare nel carcere minorile di Nisida cosa significa? Cosa significava all’inizio della sua carriera e cosa significa oggi, a distanza di tempo? Il carcere minorile (insieme agli ospedali pediatrici, ma, chiaramente in termini molto diversi) è il luogo dove si concentra il tasso di maggiore sofferenza del crescere. È chiaro che, nella formazione dei ragazzi/e che finiscono in carcere ci sono stati problemi, vuoti, condizioni familiari, sociali e culturali predisponenti, di cui troppo spesso la società nel suo complesso non ha preso atto per tempo o a cui non ha saputo/potuto dare risposte adeguate. Quando ho vinto il concorso come docente, il lavoro in carcere mi è sembrata la sfida giusta per me, visti i miei interessi sociali oltre che culturali. Una convinzione che ho mantenuto negli anni.

Com’è la vita dei ragazzi reclusi? A Nisida, i ragazzi hanno una vita molto regolata e, insieme, molto varia: scuola, attività di formazione professionale (ceramica, arte presepiale, pasticceria, pizzeria, pet therapy ecc.), attività culturali e ludiche (teatro, musica, canto; calcio, basket, pallavolo), incontri con personalità della politica, della cultura, dello sport, uscite per visite guidate ecc. Hanno stanze sobrie ma accoglienti, con bagno e televisione. Colloqui regolari e telefonate con le famiglie due volte la settimana. Sono seguiti da educatori, insegnanti, formatori professionali, psicologi, medici.

Qual è la differenza tra l’insegnamento a Nisida e l’insegnamento in una scuola “normale”, meno difficile? È un insegnamento diverso. La scuola in carcere è legata ai Cpia, ovvero all’Educazione per gli adulti, che in sé è diversa, per programmi ed approccio, alla scuola “del mattino” ovvero alla scuola “normale”. A Nisida, lavoriamo in maniera laboratoriale, partendo dal fatto che i nostri ragazzi sono molto spesso analfabeti in senso proprio o, comunque, analfabeti funzionali e tenendo ben conto del fatto che l’obiettivo primo è quello di dare agli allievi, insieme a occasioni per recuperare e sviluppare competenze cognitive, uno spazio-tempo in cui ripensare se stessi, la propria esperienza, per maturare una visione critica e una capacità di scegliere il loro futuro.

Nei secoli, autori di ogni tempo e Paese, da Omero a Cicerone, da Boccaccio a Sannazzaro, da Cervantes a Dumas, dalla Serao a Croce, hanno scritto su Nisida. Abbiamo invitato alcuni importanti autori napoletani, come Maurizio de Giovanni, Valeria Parrella, Patrizia Rinaldi, a lavorare in classe con i ragazzi su varie tematiche. Ne sono derivati otto libri di racconti in cui gli autori hanno rielaborato quanto scritto in classe dagli allievi e un romanzo che raccoglie tutti gli scritti precedenti.

La grammatica di Nisida, La Carta e la vita, I ragazzi e le ragazze di Nisida raccontano la Costituzione, Parole come pane, Fuori, per citarne alcuni. Come sono nati i libri di Nisida? Ho sempre dedicato buona parte del mio lavoro alla scrittura e alla lettura: ritengo, infatti, che siano due strumenti fondamentali per la crescita. Il nostro Laboratorio di scrittura ha prodotto, negli anni, molte raccolte di scritti dei ragazzi, in prosa e in poesia, testi teatrali, fotoromanzi, testi nati dalla lettura di libri ecc. Negli ultimi dieci anni ci siamo dedicati ad un progetto chiamato Nisida come parco letterario e naturale. Il progetto si è sviluppato su due piani paralleli. Da una parte la riapertura degli antichi sentieri che, sull’isola di Nisida, conducono a porto Paone (la bocca del vulcano; Nisida è un vulcano spento), straordinaria conca di mare con di fronte le isole del golfo di Napoli. Dall’altra, un lavoro di scrittura partito da una ricerca che ci fa fatto scoprire come, nei secoli, autori di ogni tempo e Paese, da Omero a Cicerone, da Boccaccio a Sannazzaro, da Cervantes a Dumas, dalla Serao a Croce ecc. ecc., hanno scritto su Nisida. Abbiamo invitato alcuni importanti autori napoletani (per esempio: Maurizio de Giovanni, Valeria Parrella, Patrizia Rinaldi; trenta in tutto in dieci anni) a lavorare in classe con i ragazzi su varie tematiche. Ne sono derivati otto libri di racconti in cui gli autori hanno rielaborato quanto scritto in classe dagli allievi e un romanzo che raccoglie tutti gli scritti precedenti.

Come sarà il prossimo? Bello, mi auguro. Ma ne parleremo più in là.

Cosa pensa del sistema carcerario minorile italiano? Il sistema carcerario minorile è ampiamente riconosciuto come molto avanzato. Com’è noto, la legislazione minorile italiana considera il carcere “residuale” rispetto ad altre alternative (messa alla prova, affidamento ai servizi sociali, comunità, arresti domiciliari) e Nisida è organizzata in maniera da rendere effettivo il dettato costituzionale della pena come “rieducazione”, tendente ad un positivo reinserimento sociale. Sono dolorosamente convinta che la società non faccia abbastanza né in termini di prevenzione per evitare che i ragazzi finiscano nel circuito della giustizia né di sostegno al reinserimento dei minori che, usciti dal carcere, vogliano intraprendere una vita diversa.

Quali reati hanno commesso i ragazzi reclusi? In genere, si tratta di reati molto gravi: rapina, spaccio (in quantità elevate), tentato omicidio, omicidio.

Qual è la storia più difficile che ha incontrato in questi anni? Non una, ma tante storie difficili. Ragazzi vissuti per strada, senza famiglia in quanto padre e talora madre in carcere. Ragazzi che, avendo perso con la morte dei nonni l’unico riferimento affettivo, si sono inseriti in pessime compagnie. Ragazzi figli di clan “destinati” a seguirne le orme. Ragazzi che hanno colpito per far male ma non per uccidere e che si ritrovano assassini. E poi ragazze (Nisida è l’unico carcere femminile minorile del Mezzogiorno) dalle vite apparentemente normali che si ritrovano implicate in reati gravissimi e tante ragazzine rom, arrivate lì perché educate a rubare. E così continuando. Tutte le storie di chi arriva in carcere da minore sono dolorose.

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Dal web – Ragazzidentro.it

I ragazzi che poi sono usciti oggi che vita hanno? Ci sono ragazzi che dal carcere per minori passano a quello per adulti. Ragazzi che continuano sulla strada precedente e/o rimangono in quella linea che sta tra il lecito e l’illecito. E ci sono ragazzi che, magari affrontando grandi o, meglio, grandissime difficoltà, percorrono il non semplice cammino della legalità: lavorano, studiano, si fanno una famiglia; in molti casi mettendo a frutto quanto il carcere minorile gli ha dato in termini di scuola, formazione professionale, appoggio educativo, psicologico, “umano”. Un ragazzo che ho avuto come alunno alcuni anni fa e che lavora, ottimamente, come pizzaiolo, sta continuando la scuola superiore. Mi ha mandato la pagella del primo quadrimestre, con tanti sette e, qualche giorno fa, mi ha annunciato di aver preso otto al compito di storia.

Se e quando il ragazzo “difficile” ritrova, nelle storie, qualcosa che gli parla di sé e, insieme, di mondi per lui diversi e magari lontani, scopre che un libro può essere, in carcere, una compagnia piena di calorose sorprese.

Quale pensi sia il valore e il ruolo della letteratura oggi per i ragazzi “difficili” di Nisida? E in generale? Un libro non è un oggetto “naturalmente” interessante per un ragazzo di Nisida. D’altra parte non sembra esserlo per buona parte dei nostri concittadini, adulti o giovani che siano, anche se è bene ricordare che, in Italia, la letteratura per ragazzi ha un mercato molto più solido della letteratura cosiddetta per adulti. L’avvio alla lettura non è né semplice né rapido. Ma, se e quando il ragazzo “difficile” ritrova, nelle storie, qualcosa che gli parla di sé e, insieme, di mondi per lui diversi e magari lontani, scopre che un libro può essere, in carcere, una compagnia piena di calorose sorprese. E, quasi senza accorgersene, finisce col trovare le parole capaci di esprimere le tante emozioni che in precedenza non sapeva identificare e si appropria di uno strumento potente per arricchire il proprio immaginario. In generale, penso che un libro (ma non un libro qualsiasi, ma un libro davvero “bello”) può essere, per ragazzi e adulti, una ricchezza.