Un saggio storico su una figura emblematica e ormai dimenticata, altamente connotativa dell’universo spirituale e religioso del sud Italia. Si era quasi completamente persa la memoria di “Giovanni il Digiunatore” di Gerace, detto San Jeiunio, e la stessa grotta situata in Contrada Ropolà era ormai un rifugio per le bestie selvatiche o utilizzata da pastori come riparo di fortuna per il gregge: un luogo di devozione del monachesimo a Gerace che si è corso il rischio di smarrire, assieme alla stessa storia di San Jeiunio che là nell’anno 1000 circa vi dimorò. La breve ricerca ha riportato alla luce la preziosa impronta del tempo bizantino, ma soprattutto ha ridato vita all’illustre Santo italo-greco della nostra Calabria, raccogliendo in una sorta di piccola antologia gli scritti che lo ricordano e gli eventi che hanno portato alla rivalutazione e valorizzazione del Santo, compatrono di Gerace (Dalla prefazione di Giacomo Maria Oliva al saggio San Jeiunio, compatrono di Gerace di Lina Furfaro, Bibliotheka edizioni).
Grazie a una ricerca certosina tra fonti documentali e narrazioni leggendarie, Lina Furfaro riporta alla luce un pezzo di storia del monachesimo in Calabria e la figura affascinante di San Jeiunio. L’abbiamo intervistata.
Chi è San Jeiunio? San Jeiunio è un santo calabrese, nato a Gerace (RC) intorno all’anno Mille, si chiamava Giovanni. Era un monaco eremita della Calabria bizantina e viene riconosciuto sia dalla Chiesa Ortodossa che dalla Chiesa Cattolica.
Cosa ti ha attratto in particolare della sua storia e della sua figura? È stata Lucia Cusato, impegnata nella crescita della comunità di Passo Zita, a parlarmi di questo santo e a propormi di scrivere qualcosa su di lui. In quella frazione di Gerace non esiste una chiesa che accolga i fedeli la domenica per i momenti di preghiera e quelli di aggregazione. Si percepisce un vuoto soprattutto per i più giovani. Ho saputo che da anni è stata promessa qui una chiesa che servirebbe un territorio di 500 abitanti. Forse è stato questo il seme che ha fatto nascere la voglia di far rivivere la figura di San Jeiunio: la speranza nell’umanità, speranza che non si abbandonino le periferie, ma si rivalutino. Per molti versi mi ritengo abbastanza realista oltre che cattolica, sono molto curiosa e mi piace scrutare ciò che mi circonda, indagare sulle cose apparentemente di poco conto. Di San Jeiunio si era persa la memoria, questo mi ha fatto riflettere e mi ha stimolata molto. Non si trova una bios, non si trovano suoi scritti quindi non rimaneva che raccogliere, il poco, pochissimo materiale che c’è negli antichi libri degli agiografi. Proprio perché “poco”, quel poco era da mettere assieme.
Come si è svolta la ricerca, quali sono le fonti rintracciate? La ricerca è partita dalle notizie di Lucia e di Giacomo Oliva, responsabile della Biblioteca del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e autore della prefazione al libro. Giacomo ha un grande merito per la rivalutazione di San Jeiunio. Sono andata a visitare la grotta di San Jeiunio a Contrada Ropolà di Gerace, sapevo della sua esistenza ma non conoscevo la sua storia. Osservai quell’antro con occhi diversi ovviamente e lo fotografai. Sono stata poi diverse volte nella Biblioteca dell’abbazia greca di San Nilo, a Grottaferrata, dove ho consultato libri e codici, manoscritti difficilissimi da interpretare ed enciclopedie tra cui la Bibliotheca Sanctorum. Ho conosciuto l’anziano monaco calabrese Basilio, il quale mi ha consigliato di leggere documenti ancora inesplorati, alcuni sinassàri, manoscritti agiografici. Ho fatto ricerca sulla rete e nella Biblioteca centrale dello Stato. Ho letto la bios di San Nilo (coevo di San Jeiunio). Mi sono confrontata anche con lo storico Enzo D’Agostino.
Cosa è emerso sul santo andando avanti nel lavoro? Tutto quello che riporto nel piccolo saggio: dal nome Giovanni alla sua grotta, il suo essere “illustre” cittadino geracese. Domenico Martire Cosentino dice che San Jeiunio protegge dalle conseguenze del fuoco e aggiunge che le sue origini sono dalla famiglia Triapane. Ma non abbiamo documenti scritti che confermano. Ho scoperto che San Jeiunio era monaco “confessore”, cioè che in vita aveva fieramente difeso la volontà umana e divina di Cristo e quindi l’ortodossia cristiana, attraverso la parola, gli scritti, attraverso la vita stessa (ma non arrivando alla morte, chi arriva alla morte per la fede viene detto martire). San Jeiunio è stato anche compatrono di Gerace. La Madonna Immacolata è la Protettrice di Gerace e della Diocesi, Sant’Antonio del Castello e Santa Veneranda sono attualmente compatroni, ma leggendo il saggio si noterà che come afferma anche Giacomo Oliva, San Jeiunio faceva parte dei santi patroni della città. Aveva un omonimo: San Jeiunio di Costantinopoli, anch’egli di nome Giovanni. Non conosco il greco e, quando semplicemente guardando un codice greco ho notato il nome “Giovanni detto San Jeiunio”, mi sono illusa di aver trovato la bios e sono subito andata dall’anziano frate Basilio, il quale ha condiviso stupore ed entusiasmo; di corsa mi ha seguita in archivio e nell’andare ha detto scherzando: “Qua le scoperte le devo fare io, non tu”.
Che importanza riveste oggi quest’opera nell’ambito delle pubblicazioni a carattere storico-religioso? Una piccola speranza, la comunione e l’unità tra le Chiese prima di tutto. A Gerace si celebra il rito greco ortodosso nella chiesa di San Giovannello, poco più in là il rito cattolico nella Cattedrale: due riti antichi in due gioielli calabresi a Gerace. Se un santo viene dimenticato dalla comunità è sintomo che la storia perde considerazione, la cultura viene meno: il saggio è un piccolo lavoro, una semplice raccolta di scritti, ma che vuole dare risalto al nostro passato per una maggiore consapevolezza del nostro presente. Vuole gettare un sasso, rivalutare il significato storico di una figura emblematica come Giovanni il Digiunatore che ha lasciato traccia nella fede ma anche nella grotta che porta il suo nome.
Lina Furfaro, insegnante, nel tempo libero si dedica alla ricerca storica negli archivi. Ha pubblicato: Gerace – Il Monastero di Sant’Anna (1998); Giuditta Levato – La contadina di Calabricata (2012); Testimone l’orizzonte (2015); Biografia di un caporale Vincenzo Forti (2017).
io mi chiamo Nisticò = Nestikòs = Digiuno; il cognome è diffuso
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