E’andata in scena la scorsa domenica, 3 giugno, nella sala Calliope della libreria Mondadori di Siderno (Centro commerciale La Gru), la rappresentazione teatrale Zitta… cretina, liberamente ispirata al monologo Adele di Giuseppina Torregrossa, allestita da LocriTeatro per la regia di Bernardo Migliaccio Spina. Il racconto della vita di Adele, incinta di un uomo scomparso nel nulla, decisa ad andare in sposa, così da tacitare la nomea di “donna perduta”cui sarà inevitabilmente destinata, a Totò, detto il manciato, causa una malattia delle pelle che lo rende repellente ai più. Adele impone delle regole al marito, da questi accettate, vita insieme ma letti separati. La nascita del bambino, Ciccio, non sarà del tutto foriera di gioia e felicità, i suoi dentini aguzzi feriscono il seno della madre e l’infante rivela poi una certa inquietudine, tanto che solo la vicinanza del manciato sembra acquietarlo. Con fare subdolo e falsamente accondiscendente, l’uomo si avvicinerà sempre più ad Adele, finché una sera tutte le premure da bravo consorte lasceranno spazio ad una rabbiosa violenza, l’ odio a lungo mascherato dalle parvenze da probo “buon padre di famiglia” si manifesterà nel più sordido dei soprusi. Adele, piagata ed umiliata, darà quindi alla luce un secondogenito non voluto, Gabriele, vedendo spegnersi lentamente negli anni, fra liti familiari, continue angherie, qualche ricordo felice e momentanei abbagli di una caduca felicità, quell’innocente abbandono col quale si era concessa alla vita …

Migliaccio Spina ha felicemente optato per una messa in scena scabra ed essenziale, al cui interno alcuni passaggi sono stati efficacemente sottolineati dagli interventi musicali di Marco De Leo, offrendo così risalto all’interpretazione di Giulia Palmisano, diretta e naturale nell’offrire dolente corporeità e sensibile emozionalità al personaggio di una donna che ha visto la propria femminilità più intima e primigenia sacrificata sull’altare della sopraffazione e di soffocanti, atavici, retaggi, duri a morire. Il suo profondo dolore appare ora sordo di un trattenuto rancore, ora fisicamente deflagrante in una violenza improvvisa, nell’alternarsi di sensibilità, emotività ed intimità, turbamenti scaturenti dai tanti ricordi o aneddoti narrati. Piuttosto violento e realistico l’impatto emotivo offerto dalla scena, vivida e sofferta, in cui Adele ricorda la notte nel corso della quale subì violenza dal marito, efficace nella sua crudezza a visualizzare come uno stupro, fisico ma anche psicologico, possa essere perpetrato e continuato, oso scrivere istituzionalizzato, all’interno dell’alveo familiare, in nome di un maschilismo becero e soffocante, dimentico di qualsiasi considerazione umana nell’esternazione ferina di rancorose gelosie e volontà dominante. Suo contraltare il ricordo del primo amore di Adele, il gioioso, spontaneo, lasciarsi andare tra le braccia dell’uomo amato, complicità, condivisione …
In conclusione una più che valida rappresentazione quella offerta da LocriTeatro, grazie alla regia sensibile ed accorta di Migliaccio Spina, idonea, riprendendo in chiusura quanto scritto nel corso dell’articolo, ad essenzializzare il testo originario e a renderlo palpitante in scena, affidandosi alla sentita interpretazione di Giulia Palmisano, densa di concreta umanità, lasciandoci infine un salutare groppo in gola ed un sussultorio straniamento dell’anima quale sentore di una vibrante ed empatica commozione.