A Platì, nell’anno del Signore 1861, non si odono più streghe e riti sabbatici propiziatori dell’occulto, bruciati dai roghi della Santa Inquisizione, incapace la pira ardente di cancellare il retroterra di superstizione lasciato dalle magare. A Platì, diciotto secoli dopo l’avvento di Cristo, girano famelici lupi con sembianze umane, carnefici di anime pronti a vendere altri uomini, e questo nonostante egli sia Caci, lo spietato brigante, gli fa provare un’angosciosa paura.

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Caci il brigante, narrazione che muove dal saggio per farsi quasi romanzo, con scrittura raffinata e coinvolgente, è la storia del brigante Ferdinando Mittica ricostruita e raccontata da Michele Papalia per Leonida edizioni (con bellissima prefazione di Antonella Italiano).

Dove nasce la scelta di raccontare la storia del brigante Mittica (negli atti processuali spesso citato come Mittiga)? Sul perché si sceglie di raccontare determinate storie invece di altre potremmo parlare per giorni, comunque non dilungandoci questa nasce nella mia infanzia: quando avevo dieci anni o poco più mia nonna mi portava spesso a casa di un vecchio zio; poi ho scoperto essere quella la casa dove nacque Mittica, “la casa del brigante”, come viene ancora oggi chiamata a Platì. Da lì il desiderio di saperne di più.

Come è stata ricostruita la sua vicenda? Partendo dai documenti di archivio. Al primo accesso che feci all’Archivio di Stato di Reggio, trovai l’atto di nascita di Ferdinando Mittica e da lì lavorai sui documenti, non solo a Reggio ma anche all’archivio di Locri e a quello di Napoli, oltre alla biblioteca centrale di Milano. Documenti letti con la controluce della memoria orale, interrogando mio nonno e altri anziani sulle vicende del brigante.

Perché con Borjes non si capirono? A non sentire ragioni fu Mittica vendendo nel generale spagnolo un serio pericolo alla sua autorità di capo banda. Da subito lo mise all’angolo; è lo stesso Borjes a dircelo annotandolo nel diario che poi gli venne requisito al momento dell’arresto. Non era nell’indole di Mittica essere un subalterno.

Ci sono prossime pubblicazioni in vista? Per quanto appassionato di storia, al momento non ho altri progetti in cantiere sulla saggistica, però confesso che prima o poi mi piacerebbe cimentarmi sulla forma romanzo. Scrivere è un bisogno intimo, ma l’importante è non sentirsi scrittori senza meritarlo, non cadere nella vanità letteraria, il primo buon lettore ci punirebbe.

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